Amore inestinguibile
Non è nell’apparente tranquillità
che troverai la pace
né l’arsura che ti strugge
si estinguerà
alla fonte della lontananza.
Basterà una nuvola accigliata,
un acquazzone improvviso,
una risata allegra,
il getto della doccia
uno sguardo indisponente,
e sarai sovrastato
da suoni, voci, odori,
che brulicano dentro
e irridono l’arrogante convinzione.
Farai, dirai,
ti muoverai in mille direzioni,
calcolerai l’impercorribilità delle distanze,
ti ritroverai come non fossi mai partito.
È quella fossetta impudente
a decretare
Il tuo carcere a vita.
In calare
Ed eccomi qui
a scrutare il tempo
quello passato e quello che resta,
a separare il grano dalla pula,
a lasciarmi ferire
in un riscatto estivo senza fine
dalla luce di settembre.
Eccomi qui
tra sottrazioni e somme
a capitalizzare gli attimi,
amplificati dal pulsare della vita.
Eccomi qui
a sgranare gli occhi su me stessa
nel ritmo di giorni in calare
e di sregolati battiti del cuore.
Eccomi qui ora
nella stretta striscia di luce
di raggi obliqui e stanchi
mentre l’ombra divora
quel che resta del giorno.
Suoni
Ci sveliamo e veliamo
compunti nelle nostre granitiche convinzioni.
Tocchiamo corde delicate
e generiamo suoni sgraziati,
strumentisti inesperti,
analfabeti inattesi
a cui è sfuggita la nota giusta.
Smarriti, nel tentativo goffo
di riacciuffarla
sguazziamo tra dissonanze e stonature
in disarmonico accordo.
Pensavamo di possedere grazia
conoscenza, equilibrio,
eravamo commossi nel riconoscerci
sensibilità e orecchio,
non siamo fatti per crescere in bellezza,
ci sbugiarda la cacofonia dell’anima.
Plenilunio
Ascolta il candore
del plenilunio
quando l’anima
vorrebbe accostarsi al bello
e innalzarsi oltre la sfera pallida
per congiungersi al cielo.
Pensieri non puri
agitano la mente
a dar sfogo
a rancori
che covano nell’ombra
di un io insoluto.
La coscienza annulla
riserve di bellezza
sfarinandole come polvere
nella notte argentea.
Pensieri di morte,
ululati di antiche ferite
riemergono
da recessi annebbiati,
ossessioni incontenibili.
Non c’è traccia di ragionevolezza
in quegli occhi
pur umidi di pianto,
il corpo freme
in uno spasimo di lotta,
si dibatte nell’insensatezza,
come animale che si libera della muta.
È lontana l’alba,
non c’è accesso ai ricordi,
sfumeranno nella notte infernale
lasciando il vuoto
di un candore perduto.
Ortensie
È giunta l’ora
e m’inondi di luce.
A lungo ho atteso
la maturazione delle tue forme
indovinando i colori
con cui saresti esplosa,
magnifica fioritura.
Al mattino,
amo cogliere il tuo risveglio
imperlata di succhi di rugiada.
Esibisci i gioielli
da orgogliosa regina
in attesa della notte
e della luce cangiante della luna.
Nel buio avverto il tuo respiro,
scomposte sfere reclinano il capo,
stanche, accaldate.
Attendono la frescura notturna,
nel silenzio che dà pace all’anima.
Mi fa male il niente
Mi fa male il niente,
quel nulla che pensavo fosse
mentre le tue mani
sfuggivano alla presa
tra gerani sui balconi
e panni stesi al sole.
Insistevo sbirciando un’emozione
sul viso corrucciato e intento,
i pensieri già lontani
da quel cielo color turchino.
Le labbra sapevano di sale
e non oltrepassai il recinto
e neppure azzardai
un arruffio di capelli.
Le mie mani, nascoste nelle tasche,
celavan la sconfitta,
il corpo ciondolava a vuoto
tra domande e risposte senza senso.
Parole tante,
nessuna a significare
quell’istante,
che sin dall’inizio
non era mai esistito.
Io ci credevo
Io ci credevo...sì
a quei denti scintillanti
dentro il sorriso franco,
e a quegli occhi magnetici
che catturavano lo sguardo.
Io ci credevo... sì
alle tue mani che afferravano le mie
e che
stringevano forte fino a farmi male.
M’issavo sulle punte a sfiorarti il naso
per poi cingerti la vita
...e sentirti mio.
Io ci credevo... sì
alle notti infuocate
da ruvide carezze
senza il
calore
accogliente dell’intesa.
Bastava un niente
perché cambiassi umore
e la mano che solo prima
mi aveva accarezzato
diventava un pugno
senza una ragione.
Oh sì...l’avevi...
dicevi convincente
ed enumeravi le mie mancanze
ma mai più mi avresti percossa
continuavi,
mentre mi baciavi
e sembravi Giuda.
Io ci credevo...sì
alle tue promesse
e ti guardavo ancora
con
occhi innamorati
curando i lividi,
quelli più dolorosi dentro.
Ma venne il giorno
che mi guardai allo specchio
mentre tamponavo le ferite,
un rivolo di sangue mi rigava il viso
misto a lacrime riarse.
Ti vidi riflesso nello specchio
sempre più vicino,
scorsi un ghigno mostruoso
invece del sorriso franco,
e i tuoi occhi non sprizzavano stelle
ma scintille di rabbia e cattiveria.
Ti assecondai ancora
mentre
fingevo di perdonarti,
non so dove trovai la forza
ma il velo dell’autoinganno era caduto.
Ti baciai un’ultima volta,
fu anche per me il bacio di Giuda
e mentre scendevo le scale
sapevo che non le avrei
mai più salite.
Attesa
Nel mio sguardo tutto e niente
il tutto che va oltre l’orizzonte
che nessuno spazio può occultare,
il niente nel mio corpo
stanco,
sfiorito,
assente,
perso negli anni della
coscienza intorpidita,
nelle mille voglie altrui,
nel tempo andato
senza lasciare traccia
nel tanto fare senza capire.
E mentre penso a ciò che resta
un fremito di attesa mi pervade.
Pioggia
Pioggia
Pioggia forte,
improvvisa,
annunciata
da un cielo plumbeo
con la sua cappa
grondante d’acqua.
Dal mio riparo osservo
lo spazio circostante,
mentre l’asfalto della strada
riarso per la calura evapora
il suo ringraziamento.
I muri delle case
sferzati dallo scroscio
mettono a nudo
i segreti più nascosti,
gli alberi protesi in avanti
si abbandonano
al benefico ristoro.
Il grigio avvolge tutto
e mette fine
alla lunga attesa.
I miei pensieri
affidati
alla pioggia
ristoratrice
non trovano conforto,
mi avviluppano
in un groviglio,
come mille rivoli
d’acqua
nel tentativo
di scomporsi.
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Ogni tanto ti seguo, ti leggo nel blog...e allora ti rinnovo i mei più affettuosi saluti Loretta! Marco